Lenuccia Cerasuolo

Maddalena Cerasuolo, affettuosamente chiamata Lenuccia, nacque a Napoli il 2 febbraio 1920 in una famiglia popolare del quartiere Stella. Era la figlia di Carlo Cerasuolo, un cuoco decorato al valor militare per le sue gesta nella Prima Guerra Mondiale, e di Annunziata Capuozzo. Cresciuta insieme a cinque sorelle e due fratelli, Maddalena visse la sua giovinezza in un ambiente familiare segnato da valori forti e da un'educazione severa ma amorevole. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il padre Carlo divenne un attivo antifascista, venne schedato e più volte incarcerato per la sua opposizione al regime. Quando scoppiò la guerra, Maddalena aveva vent'anni e lavorava come operaia "apparecchiatrice di scarpe". Ma la sua vita cambiò radicalmente dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Nei giorni che seguirono, la giovane napoletana si unì spontaneamente al gruppo dei "cercatori d'armi", impegnandosi nella ricerca di armamenti presso caserme e depositi abbandonati. Durante le celebri "Quattro giornate di Napoli" (27-30 settembre 1943), Maddalena si distinse per il suo coraggio eccezionale. Partecipò agli scontri armati nel quartiere Materdei per impedire che i tedeschi depredassero una fabbrica di scarpe in vico delle Trone, dove i nazisti si erano asserragliati minacciando di far esplodere delle cariche. In quell'occasione, Maddalena si offrì volontaria per andare in ricognizione solitaria e successivamente per fare “da parlamentare” con gli ufficiali tedeschi, consegnando una richiesta scritta di resa, nonostante il rischio che i diritti sanciti dalle Convenzioni di Ginevra non le fossero riconosciuti. Ma l'episodio più significativo fu la sua partecipazione alla difesa del Ponte della Sanità, combattendo a fianco del padre Carlo e dei partigiani dei rioni Materdei e Stella. Il ponte, strategicamente importante per l'accesso alla città e per l'acquedotto napoletano, era stato minato dai tedeschi. Maddalena partecipò al combattimento armata di fucile, contribuendo in modo decisivo alla salvaguardia di questa infrastruttura vitale. Per questo atto di valore ricevette la medaglia di bronzo al valor militare e fu invitata a Palazzo Reale dal generale Montgomery, che la abbracciò in segno di riconoscimento. La guerra però non era finita per Maddalena. Dopo la liberazione di Napoli, venne contattata dai servizi segreti britannici e iniziò a collaborare con lo Special Operations Executive (SOE) sotto il nome di battaglia "Maria Esposito" e sigla "C22". Dal 21 ottobre 1943 all'8 febbraio 1944 partecipò alle missioni "Hillside II" e "Kelvin". Nei registri del SOE è descritta come una donna che "ha preso parte cospicua nell'insurrezione di Napoli, ha aiutato nella costruzione di barricate e partecipato al combattimento con fucile e granate". Dopo la guerra, Maddalena si sposò prendendo il cognome Morgese e ebbe quattro figli: Carlo, Gaetana, Gennaro e Patrizia. Continuò a portare avanti la memoria delle geste della Resistenza, partecipando a eventi commemorativi e incontrando diverse personalità, tra cui il presidente Oscar Luigi Scalfaro. Scrisse anche una poesia intitolata "La Mitraglietta" in cui raccontava la sua esperienza di combattente: "Ma il Ventotto dello stesso mese il popolo insorse contro il massacro e il sopruso, e c'ero anch'io dietro la barricata, ragazza piena di amor di patria. Trovai una mitraglietta e sparai, sparai, sparai contro le camionette e i carri armati..." Maddalena Cerasuolo morì a Napoli il 23 ottobre 1999, all'età di 79 anni. Dopo la sua morte, i figli hanno continuato a portare avanti la memoria dei suoi valori e delle sue gesta. Nel 2000 la sindaca Rosa Russo Iervolino scoprì una targa commemorativa che la ricorda come "la straordinaria Lenuccia eroina delle quattro giornate del 1943". Nel 2011 la giunta comunale di Napoli intitolò a Maddalena Cerasuolo il ponte che sovrasta il rione Sanità, proprio quello che lei aveva contribuito a difendere durante la guerra. Dal 2012 esiste un'associazione culturale che porta il suo nome e che istituisce un premio alla sua memoria. La storia di Maddalena Cerasuolo rappresenta il coraggio e la determinazione di tante donne napoletane che parteciparono alla Resistenza, spesso rimanendo nell'ombra della storia ufficiale. La sua vita dimostra come persone comuni, mosse da ideali di libertà e giustizia, possano compiere gesti straordinari e contribuire in modo decisivo alla liberazione del proprio paese.

Maddalena Cerasuolo, affettuosamente chiamata Lenuccia, nacque a Napoli il 2 febbraio 1920 in una famiglia popolare del quartiere Stella. Era la figlia di Carlo Cerasuolo, un cuoco decorato al valor militare per le sue gesta nella Prima Guerra Mondiale, e di Annunziata Capuozzo. Cresciuta insieme a cinque sorelle e due fratelli, Maddalena visse la sua giovinezza in un ambiente familiare segnato da valori forti e da un'educazione severa ma amorevole. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il padre Carlo divenne un attivo antifascista, venne schedato e più volte incarcerato per la sua opposizione al regime. Quando scoppiò la guerra, Maddalena aveva vent'anni e lavorava come operaia "apparecchiatrice di scarpe". Ma la sua vita cambiò radicalmente dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Nei giorni che seguirono, la giovane napoletana si unì spontaneamente al gruppo dei "cercatori d'armi", impegnandosi nella ricerca di armamenti presso caserme e depositi abbandonati. Durante le celebri "Quattro giornate di Napoli" (27-30 settembre 1943), Maddalena si distinse per il suo coraggio eccezionale. Partecipò agli scontri armati nel quartiere Materdei per impedire che i tedeschi depredassero una fabbrica di scarpe in vico delle Trone, dove i nazisti si erano asserragliati minacciando di far esplodere delle cariche. In quell'occasione, Maddalena si offrì volontaria per andare in ricognizione solitaria e successivamente per fare “da parlamentare” con gli ufficiali tedeschi, consegnando una richiesta scritta di resa, nonostante il rischio che i diritti sanciti dalle Convenzioni di Ginevra non le fossero riconosciuti. Ma l'episodio più significativo fu la sua partecipazione alla difesa del Ponte della Sanità, combattendo a fianco del padre Carlo e dei partigiani dei rioni Materdei e Stella. Il ponte, strategicamente importante per l'accesso alla città e per l'acquedotto napoletano, era stato minato dai tedeschi. Maddalena partecipò al combattimento armata di fucile, contribuendo in modo decisivo alla salvaguardia di questa infrastruttura vitale. Per questo atto di valore ricevette la medaglia di bronzo al valor militare e fu invitata a Palazzo Reale dal generale Montgomery, che la abbracciò in segno di riconoscimento. La guerra però non era finita per Maddalena. Dopo la liberazione di Napoli, venne contattata dai servizi segreti britannici e iniziò a collaborare con lo Special Operations Executive (SOE) sotto il nome di battaglia "Maria Esposito" e sigla "C22". Dal 21 ottobre 1943 all'8 febbraio 1944 partecipò alle missioni "Hillside II" e "Kelvin". Nei registri del SOE è descritta come una donna che "ha preso parte cospicua nell'insurrezione di Napoli, ha aiutato nella costruzione di barricate e partecipato al combattimento con fucile e granate". Dopo la guerra, Maddalena si sposò prendendo il cognome Morgese e ebbe quattro figli: Carlo, Gaetana, Gennaro e Patrizia. Continuò a portare avanti la memoria delle geste della Resistenza, partecipando a eventi commemorativi e incontrando diverse personalità, tra cui il presidente Oscar Luigi Scalfaro. Scrisse anche una poesia intitolata "La Mitraglietta" in cui raccontava la sua esperienza di combattente: "Ma il Ventotto dello stesso mese il popolo insorse contro il massacro e il sopruso, e c'ero anch'io dietro la barricata, ragazza piena di amor di patria. Trovai una mitraglietta e sparai, sparai, sparai contro le camionette e i carri armati..." Maddalena Cerasuolo morì a Napoli il 23 ottobre 1999, all'età di 79 anni. Dopo la sua morte, i figli hanno continuato a portare avanti la memoria dei suoi valori e delle sue gesta. Nel 2000 la sindaca Rosa Russo Iervolino scoprì una targa commemorativa che la ricorda come "la straordinaria Lenuccia eroina delle quattro giornate del 1943". Nel 2011 la giunta comunale di Napoli intitolò a Maddalena Cerasuolo il ponte che sovrasta il rione Sanità, proprio quello che lei aveva contribuito a difendere durante la guerra. Dal 2012 esiste un'associazione culturale che porta il suo nome e che istituisce un premio alla sua memoria. La storia di Maddalena Cerasuolo rappresenta il coraggio e la determinazione di tante donne napoletane che parteciparono alla Resistenza, spesso rimanendo nell'ombra della storia ufficiale. La sua vita dimostra come persone comuni, mosse da ideali di libertà e giustizia, possano compiere gesti straordinari e contribuire in modo decisivo alla liberazione del proprio paese.

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Ponte della Sanità

Il ponte della Sanità, oggi ufficialmente intitolato a Maddalena Cerasuolo, si trova a Napoli, e sovrasta il Rione Sanità, nel quartiere Stella. Lungo 118 metri e dotato di sei arcate, il ponte unisce due importanti strade della città, via Santa Teresa degli Scalzi e corso Amedeo di Savoia, originariamente unite sotto il nome di corso Napoleone. La costruzione del ponte fu decisa agli inizi dell’Ottocento per volontà di Giuseppe Bonaparte che promosse un ambizioso programma di rinnovamento urbano e infrastrutturale. L’obiettivo era creare un collegamento diretto e scorrevole tra il centro cittadino e la Reggia di Capodimonte. Per realizzare il percorso verso la reggia era necessario superare il dislivello del vallone della Sanità, e da qui nacque la necessità di costruire un ponte che potesse attraversare l’intero quartiere dall’alto. Il progetto fu affidato all’architetto napoletano Nicola Leandro, e i lavori iniziarono tra il 1806 e il 1807, proseguendo poi sotto il regno di Gioacchino Murat. Il ponte fu ufficialmente completato nel 1809. La sua costruzione comportò però conseguenze significative sul patrimonio culturale dell’area. Infatti, per fare spazio alla nuova infrastruttura fu abbattuto il chiostro maggiore del complesso seicentesco di Santa Maria della Sanità, mentre il chiostro minore, di forma ovale, subì gravi compromissioni. L’intero monastero fu infine soppresso, in linea con la politica di cancellazione degli ordini monastici e di confisca dei loro beni da parte dello Stato. Il ponte della Sanità non è solo un’opera ingegneristica di rilievo, ma è diventato nel tempo un simbolo della resistenza partenopea. Durante le Quattro Giornate di Napoli, nel settembre del 1943, i soldati tedeschi, costretti alla ritirata dalla rivolta popolare, tentarono di distruggere il ponte per impedire i collegamenti tra il centro e la zona nord della città. Il 29 settembre, grazie al coraggio di Maddalena Cerasuolo, il ponte fu salvato dalla distruzione. Lenuccia, così chiamata, prese parte attivamente alla difesa del ponte, dimostrando grande coraggio e contribuendo in modo determinante alla sua salvezza. In suo onore, infatti il ponte è stato ribattezzato con il suo nome, divenendo un luogo della memoria e simbolo della libertà conquistata. na.