DONNE DI NAPOLI
Raffaella Luigia Faucitano

Gli studi recenti hanno evidenziato il delinearsi nel corso dell’Ottocento di molteplici percorsi formativi femminili, spesso oscurati dal modello borghese omologante della madre virtuosa e segregata nello spazio domestico. Tali studi hanno rivelato la presenza d’istanze nuove e socialmente trasversali: dalle intellettuali alle popolane, dalle borghesi alle operaie, dalle aristocratiche alle contadine. È emerso, un Risorgimento in cui la voce femminile è tutt'altro che inerte e silenziosa. Si delineano così profili distanti dai modelli canonici della femminilità ottocentesca e rintracciati dalle ricercatrici in forme spesso impreviste o addirittura sorprendenti (negli inventari, nei cataloghi, nei fondi archivistici) dal momento che molto spesso il soggetto femminile è nascosto, incapsulato entro quello maschile. Raffaella Luigia Faucitano, detta affettuosamente “Gigia”, fu una figura centrale del Risorgimento meridionale. Nata a Napoli in una famiglia modesta e profondamente religiosa, inizialmente destinata alla vita monastica, fu invece protagonista di una vita segnata da coraggio e impegno politico, in stretta simbiosi con la vicenda patriottica del marito Luigi Settembrini, scrittore, patriota e oppositore del regime borbonico. Gigia incontrò per la prima volta Settembrini nel 1834 casualmente per le vie di Napoli. Dopo un periodo di corteggiamento, i due si sposarono, costruendo un legame affettivo e politico molto profondo. Nel 1837 il marito aderì all’organizzazione “Figlioli della Giovine Italia” di Benedetto Musolino, un movimento legato alla formazione di una monarchia costituzionale libera dal vincolo borbonico. La vita di Gigia fu stravolta nel 1839 con l’arresto del marito a causa della partecipazione all’organizzazione di Musolino, incarcerato prima a Catanzaro e poi trasferito a Napoli nella prigione dell’ex convento della chiesa di Santa Maria Apparente dove rimase fino al 25 ottobre 1843 pur senza aver avuto alcuna condanna. All’epoca, incinta e con un figlio piccolo, dovette assumere su di sé la responsabilità della famiglia, affrontando viaggi, precarietà economica e isolamento sociale. Il primo importante atto politico di Gigia fu la richiesta d’udienza a Ferdinando II di Borbone per denunciare l’ingiusta detenzione del marito. Tale spirito combattivo la condusse negli anni ad assumere un ruolo attivo nei comitati patriottici femminili napoletani, in contatto con figure di primo piano come Agostino Bertani. Durante la lunga detenzione di Settembrini, Gigia gli scrisse numerose lettere. Tuttavia, fu scarsamente consapevole del valore documentale e storico delle sue missive: non ne conservò copia e molte furono distrutte dallo stesso Settembrini per ragioni di sicurezza. Solo due di queste sono sopravvissute, incluse nelle Ricordanze di Settembrini con il titolo di Primo e Secondo racconto di mia moglie, pervenuteci molto probabilmente perché il marito ebbe cura di spedirgliele nuovamente a Napoli, con la richiesta di conservarle. Forse perché ne aveva compreso il valore storico oltre che letterario, giacché documentano l’impegno di Luigia a sostegno di condannati e detenuti politici oltre che il personale travaglio affettuoso e familiare per le sorti dell’amato coniuge e dei figli.Gigia, al contrario, fu scrupolosa e attenta nel conservare le lettere e gli scritti del marito. Trascrisse personalmente molti di essi e li affidò a figure fidate presso il consolato britannico. Dopo l’Unità d’Italia e il ritorno in libertà di Settembrini, la missione politica di Gigia si concluse e la coppia visse una vita relativamente borghese. Morì nel 1881, cinque anni dopo il marito. Gigia incarna una figura femminile fuori dagli schemi del suo tempo. Non fu solo la custode di un’eredità familiare, ma una vera e propria protagonista del Risorgimento, capace di dare voce a una femminilità resistente e partecipe.
Chiesa di S.Maria Apparente
La chiesa di Santa Maria Apparente si trova lungo corso Vittorio Emanuele. È stata edificata a partire dal 1581 da padre Filippo da Perugia per venerare l’immagine della Vergine inizialmente posta all’interno di un’edicola votiva. Nell’intitolazione della chiesa l’appellativo di Maria come “apparente” si trova in una lapide del 1624, ma la tradizione popolare ha tramandato anche la versione di Santa Maria a Parete facendo riferimento all’apparizione di una luce sull’altura dove sorge l’attuale edificio da parte di alcuni pescatori che erano dispersi in mare durante una tempesta. Il progetto viene affidato all’architetto Giovan Battista Cavagna e tra il 1634 e il 1656 l’edificio viene ampliato su iniziativa di padre Eugenio da Perugia. L’ingresso alla chiesa è posto al termine di una monumentale scalinata che equilibra il dislivello esistente tra corso Vittorio Emanuele e la parte posteriore dove si sviluppa il convento posto all’altezza di via Filippo Palizzi. L’interno della chiesa ha una pianta a croce greca. Sull’altare maggiore è posta una tela di Giulio dell'Oca, datata 1611, con la Vergine con i Santi Antonio e Francesco. Tra le opere si segnalano anche una Crocifissione attribuita a Onofrio Palumbo e un San Samuele di Francesco De Maria. Il convento viene soppresso dai Borbone e utilizzato come carcere giudiziario, ospitando fino a 116 detenuti, tra cui Luigi Settembrini, marito di Raffaella Luigia Faucitano. Dal 1905 diviene “Palazzo degli Ufficiali”. Oggi è adibito ad abitazioni private.
