DONNE DI NAPOLI

 

Parthenope

Nelle acque del mito greco emerge Partenope, figlia di genealogie incerte che si perdono tra i flutti della memoria antica. Esiodo la vuole nata da Forco, l'arcano dio del mare profondo, mentre altre tradizioni la dicono figlia di Acheloo - il fiume che canta - e della Terra madre, oppure della musa Tersicore, colei che governa la danza e il canto. Come le sue sorelle Ligea e Leucosia, Partenope possedeva quella duplice natura che affascinava e terrorizzava i marinai dell'antichità: corpo di uccello dalle ali possenti e volto di donna di incomparabile bellezza, incarnazione vivente della potenza magica del canto che poteva affascinare gli uomini fino alla perdizione.
Due le tradizioni che narrano del destino tragico di Partenope e delle sue sorelle. La più antica, custodita nelle Argonautiche orfiche, racconta di una sfida musicale dove le Sirene furono sconfitte dal divino Orfeo, il cui canto riuscì a superare in bellezza e potenza anche il loro. Umiliate dalla sconfitta, si gettarono in mare e furono trasformate in scogli, guardiani eterni delle acque che avevano dominato. Ma è nell'altra tradizione, quella di Apollonio Rodio, che il destino di Partenope si intreccia indissolubilmente con quello della città di Napoli. Fu l'indifferenza di Ulisse al loro canto ammaliante a spezzare per sempre il cuore delle Sirene. "Partenope non è morta, non ha tomba.
Ella vive, splendida, giovane e bella, da cinquemila anni", come poeticamente osservò Matilde Serao, ma il mito narra diversamente: prostrate dal dolore, le Sirene si lanciarono nelle acque che trasportarono i loro corpi in luoghi diversi del Mediterraneo. Il corpo di Partenope, cullato dalle correnti tirreniche, giunse alle foci del Sebeto, dove il mare baciava quella terra che sarebbe divenuta il cuore pulsante della Magna Grecia. Qui, secondo il mito, i coloni cumani, eredi della sapienza greca e discendenti eubei, le eressero una tomba su di un colle che sovrastava il mare, in un punto centrale, per permettere alla sirena di osservare il mare in eterno. Fu così che dall'incontro tra il mito e la storia emerse Parthenope, la prima città, seguita dalla più famosa Neapolis.
Per il popolo napoletano, affascinato dal mito della sirena non c'è alcun dubbio: la tomba di Parthenope si trova nella Basilica di San Giovanni Maggiore, una tra le più importanti chiese basilicali di Napoli. Qui, in un rapporto fra pagano e cristiano, Dio è invocato nella benedizione di quella sirena mitologica tanto cara ai padri greci. La sovrapposizione del sacro cristiano al culto pagano della Sirena rappresenta una delle più affascinanti testimonianze di come Napoli abbia sempre saputo accogliere e fondere tradizioni diverse senza perdere la propria identità. Oggi Partenope continua a vivere nell'anima di Napoli non solo come simbolo di tradizione sapienziale e richiamo alle origini greche, ma come autentica protettrice spirituale della città.   La Sirena che un tempo incantava i marinai con il suo canto fatale è diventata la voce stessa di Napoli: una melodia eterna che risuona tra i vicoli, si riflette nel mare del Golfo e continua a sedurre chiunque si avvicini a questa città dalle mille anime. Come scrisse Matilde Serao, Partenope "corre sui poggi, sulla spiaggia" - immortale custode di una città che, proprio come lei, non smette mai di cantare la propria irresistibile sirena d'amore per la vita. In lei, mito e realtà si fondono in un abbraccio eterno, testimoniando come alcune leggende siano più vere della storia stessa, perché continuano a vivere nel cuore di chi le custodisce.    

Nelle acque del mito greco emerge Partenope, figlia di genealogie incerte che si perdono tra i flutti della memoria antica. Esiodo la vuole nata da Forco, l'arcano dio del mare profondo, mentre altre tradizioni la dicono figlia di Acheloo - il fiume che canta - e della Terra madre, oppure della musa Tersicore, colei che governa la danza e il canto. Come le sue sorelle Ligea e Leucosia, Partenope possedeva quella duplice natura che affascinava e terrorizzava i marinai dell'antichità: corpo di uccello dalle ali possenti e volto di donna di incomparabile bellezza, incarnazione vivente della potenza magica del canto che poteva affascinare gli uomini fino alla perdizione. Due le tradizioni che narrano del destino tragico di Partenope e delle sue sorelle. La più antica, custodita nelle Argonautiche orfiche, racconta di una sfida musicale dove le Sirene furono sconfitte dal divino Orfeo, il cui canto riuscì a superare in bellezza e potenza anche il loro. Umiliate dalla sconfitta, si gettarono in mare e furono trasformate in scogli, guardiani eterni delle acque che avevano dominato. Ma è nell'altra tradizione, quella di Apollonio Rodio, che il destino di Partenope si intreccia indissolubilmente con quello della città di Napoli. Fu l'indifferenza di Ulisse al loro canto ammaliante a spezzare per sempre il cuore delle Sirene. "Partenope non è morta, non ha tomba. Ella vive, splendida, giovane e bella, da cinquemila anni", come poeticamente osservò Matilde Serao, ma il mito narra diversamente: prostrate dal dolore, le Sirene si lanciarono nelle acque che trasportarono i loro corpi in luoghi diversi del Mediterraneo. Il corpo di Partenope, cullato dalle correnti tirreniche, giunse alle foci del Sebeto, dove il mare baciava quella terra che sarebbe divenuta il cuore pulsante della Magna Grecia. Qui, secondo il mito, i coloni cumani, eredi della sapienza greca e discendenti eubei, le eressero una tomba su di un colle che sovrastava il mare, in un punto centrale, per permettere alla sirena di osservare il mare in eterno. Fu così che dall'incontro tra il mito e la storia emerse Parthenope, la prima città, seguita dalla più famosa Neapolis. Per il popolo napoletano, affascinato dal mito della sirena non c'è alcun dubbio: la tomba di Parthenope si trova nella Basilica di San Giovanni Maggiore, una tra le più importanti chiese basilicali di Napoli. Qui, in un rapporto fra pagano e cristiano, Dio è invocato nella benedizione di quella sirena mitologica tanto cara ai padri greci. La sovrapposizione del sacro cristiano al culto pagano della Sirena rappresenta una delle più affascinanti testimonianze di come Napoli abbia sempre saputo accogliere e fondere tradizioni diverse senza perdere la propria identità. Oggi Partenope continua a vivere nell'anima di Napoli non solo come simbolo di tradizione sapienziale e richiamo alle origini greche, ma come autentica protettrice spirituale della città.   La Sirena che un tempo incantava i marinai con il suo canto fatale è diventata la voce stessa di Napoli: una melodia eterna che risuona tra i vicoli, si riflette nel mare del Golfo e continua a sedurre chiunque si avvicini a questa città dalle mille anime. Come scrisse Matilde Serao, Partenope "corre sui poggi, sulla spiaggia" - immortale custode di una città che, proprio come lei, non smette mai di cantare la propria irresistibile sirena d'amore per la vita. In lei, mito e realtà si fondono in un abbraccio eterno, testimoniando come alcune leggende siano più vere della storia stessa, perché continuano a vivere nel cuore di chi le custodisce.

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Castel dell’Ovo

Il Castel dell’Ovo, costruito sull’isolotto di Megaride, è uno dei luoghi più antichi di Napoli e il primo scrigno del mito. Qui, secondo la leggenda, approdò Parthenope, la sirena che diede il nome alla città. Megaride fu uno dei primi insediamenti greci nel VII secolo a.C. e, nel Medioevo, divenne sede del castello, chiamato così per una leggenda legata a un uovo magico nascosto nelle sue fondamenta. Da questo luogo nasce Napoli, culla leggendaria della città e il punto d’approdo della sirena Parthenope.

Matilde Serao è una delle figure letterarie e giornalistiche più importanti nella storia di Napoli e dell’Italia. Nata a Patrasso nel 1856 e trasferitasi presto a Napoli, divenne una scrittrice e giornalista di grande successo, fondando nel 1892 il quotidiano Il Mattino, che ancora oggi è uno dei principali giornali della città. Attraverso la sua penna, Matilde Serao raccontò con realismo e sensibilità la vita della Napoli di fine Ottocento, descrivendo le sue contraddizioni, le sue bellezze e le sue sfide sociali. Fu pioniera nel dare voce alle classi popolari e nel denunciare le ingiustizie, diventando un punto di riferimento per la stampa italiana. La sua carriera è segnata da un’instancabile passione per la cultura e il progresso, e il suo lavoro ha aperto la strada a molte donne nel mondo del giornalismo e della letteratura. Matilde Serao resta un simbolo di forza, talento e modernità, una donna che ha contribuito a costruire l’identità culturale di Napoli e dell’Italia contemporanea.